Rieccomi.
Ri-salve a tutti
Scusate, fateci il callo, ogni tanto mi prendo pause di "riflessione"
Pause dettate proprio dal poco tempo materiale col quale riesco a stare dietro un pc avendo un po' di tempo libero.
Dunque, rispondendo in ordine a tutte le curiosità:
-Studio farmacia. Ma ammetto che non ho una farmacia di proprietà e ammetto, con la stessa nonchalance, che mi piace molto l'idea di diventare un farmacista. Chissà, un giorno, magari....
Tutto ciò per mascherare che non sono proprio in corso con gli esami
- Per le foto vi servo subito. Oggi giuro che li becco appena eseguono il comando che amano di più: il "cuccia". Completamente rannicchiati in poltrona. Perché, sappiate, le poltrone non sono per noi bipedi. Ovviamente....
Dunque... come proseguo di un racconto ce ne sono due che mi sono impressi maggiormente nella memoria.
Adesso, a distanza di tempo dall'accaduto, la prendo a ridere.
Ma li per lì non è stata una bella sensazione.
Tuttavia, poiché l'ironia è il mio mezzo migliore col quale mi approccio a scrivere, mi piace intitolare tale avventura come:
"Il cane che voleva volare e la gabbianella che non glielo insegnò".
Tutto ebbe inizio qualche anno fa, quando l'impavida Neve prese confidenza con le scale.
Inizialmente titubante le guardava con distacco, diffidenza e con un misto di antipatia. Soprattutto quando, di ritorno dalle passeggiate, le doveva fare in salita.
Invece, quando si doveva uscire, le scale erano "la grande strada verso la libertà" e giù di corsa senza freni investendo chiunque volesse mettersi davanti.
Bene! dov'è il bello?
Ecco, ora arriva.
Il Bello arriva quando lei prende confidenza anche con le scale a chiocciola che portano su in terrazzo.
Terrazzo bello grande, recintato da un muretto alto circa un metro.
Ollala, pensai.
Abbiamo fatto terno.
Ha imparato a rilassarsi sul terrazzo e quando vuole scende, sale, prende il sole, osserva il panorama.
E cosi fu per qualche anno. Infatti, dopo la paura iniziale del "vuoi vedere che le salta in mente di saltare sul muretto?", gli animi si calmarono poiché non diede mai monito di avere queste strambe idee: le basta stare in alto e di abbronzarsi il tartufo.
Stava bene a lei, stava bene a noi.
Ehehehe, prima ho scherzato. Il "bello" viene adesso.
Pasqua 2014.
Bellissima giornata, un po' coperta. Qualche goccia di pioggia sporca il parabrezza della macchina, ma nessuna tempesta all'orizzonte. Esce ed entra il sole.
Pranzo in compagnia dei parenti. Festa onorata seguendo il canone ecclesiastico. Benedizione pasquale, antipasto, primo, secondo, contorno, frutta, dolce, caffè e ammazzacaffè.
Pensate voi: era Pasqua.. e Pasqua capita sempre di domenica. Doppia festività =doppio pranzo. La logica impone un certo rigore.
Tutto segue la norma. E cosi arriva il momento, inevitabilmente, più bello di tutti: la "pennica" sul divano dopo aver concluso il pranzo pasquale.
Neve, alla quale non gliene può fregare di meno che è domenica, pasqua, festa etcetc, capisce che da lì alle prossime due ore non ci sarebbe stato nulla da fare e quindi con un'espressione che il buon Michelangelo raffigurò al suo "Mosè" mi fa intendere che le lasciassi la porta del terrazzo aperta per la sua solita passeggiata ai piani alti.
Il tempo di sistemare le scarpe ai piedi del letto, di stendersi e appoggiare la testa sul cuscino ed ecco il patatrack.
In ordine avvennero i seguenti passaggi:
a) Ululato simile allo struscio di motocicletta che passa a gran velocità fuori casa--> uhhhhhhhh
b) Schianto simile a quello causato dalla motocicletta-suddetta che, non frenando in tempo, si fracassa contro un muro.
c) Qualche secondo di silenzio imbarazzante dentro e fuori casa.
d) Guaiti di un cane martoriato.
Inutile dire che la velocità con la quale mi son piombato fuori dal divano è stata pari a quella di Flash che corre al bagno in preda ad un attacco di dissenteria immediata.
Apro la porta di casa e... apriti cielo.
Mi ritrovo Neve accasciata a terra fuori la porta di casa.
Ovviamente spettacolo che non auguro a nessuno. Nessuna macchia di sangue a vista. Nessuna macchia di fuoriuscita di liquidi corporei da nessuna parte.
Ovviamente lo schianto è stato forte e quindi tutto il vicinato si è recato sul luogo del misfatto.
Il primo pensiero:
Mi è morto il cane.
Il secondo pensiero dettato da un ritorno improvviso di lucidità: Se guaisce, non è morto.
Il terzo pensiero giunto quasi in contemporanea al secondo: Che caxxo faccio, adesso?
Nel mentre la matriarca si accascia su Neve che rimane immobile a terra, guadendo, io cerco di recuperare tutti i numeri di telefono dei veterinari da cui faccio consulto (si, non mi fido di un singolo dottore).
La domenica pomeriggio, di Pasqua, ottengo sempre la stessa risposta. Squilli a vuoto.
Faccio mente locale e cerco di capire quale sia il Pronto intervento veterinario più vicino a casa mia. Nulla, tutti distanti una buona mezz'ora di macchina e in quel momento mezz'ora mi sembrava davvero un tempo esorbitante di attesa.
Allorché, alla matriarca giunge la genialata data non so se dalla disperazione o dall'istinto di sopravvivenza. Chiamare chi è nel campo della cinofilia da più tempo di noi. L'addestratore, proprietario del campo cinofilo dove porto di tanto in tanto i due cani a scorrazzare senza guinzaglio tra l'erba di campagna.
Questa volta la chiamata va a buon fine e ci risponde che c'è un ambulatorio veterinario proprio poco distante da noi.
Ci fornisce di numero di telefono, indirizzo e nominativo della dottoressa.
Chiamo.
Ottengo risposta: sono aperti, ma non possono muoversi dall'ambulatorio in quanto non hanno un mezzo attrezzato per il soccorso fuori sede.
Mi spiegano cosa fare nell'immediato.
Nel frattempo Neve, da sola, si rialza sulle gambe e cammina in cerchio per poi accasciarsi su se stessa di nuovo.
La carichiamo in macchina e sistemo in casa l'altra bestia furiosa che, vedendoci alterati, si dimena e abbaia come un forsennato.
Bhe, in totale saranno passati poco meno di venti minuti da quando abbiamo sentito il botto a quando siam arrivati dal veterinario, che in effetti dista proprio poco da casa mia. E io che mai lo avevo calcolato!!!!
Bhe insomma, arriviamo in ambulatorio, la dottoressa di turno fa gli interventi di routine: lastre, prelievo sangue, controllo al tatto.
Neve sembra perfettamente sana, nessuna emorragia, nessuna frattura, nessuna lussazione, ma solo un pneumotorace chiuso.
Il che, tradotto per chi non è del mestiere sanitario, vuol dire che per una caduta del genere da circa 10 metri d'altezza, le è andata non bene, ma benissimo.
Lentamente cominciamo a tranquillizzarci. Il viso, a piano a piano, comincia a riprendere colore e da bianco cadaverico ritorniamo ad essere color rosa come la norma.
La cucciolona viene trattenuta in ambulatorio per tutta la notte e per il giorno successivo, mentre viene drenata.
Alla fine torna a casa scodinzolando e camminando come se non le fosse successo proprio nulla!
E pensare che io, dopo una storta presa a calcetto, zoppico appositamente per circa un paio di mesi tanto per accentuare la profonda ferita.
A mente fredda, e dopo un consulto con la veterinaria e collaboratrici, abbiamo indagato un po' sul motivo di tale volo.
Dopo aver appurato che il muretto del terrazzo fosse intatto, che nessun gatto alieno, biscotto volante, salsiccia mistica fosse apparsa su un terrazzo a 10 metri da terra, siam arrivati alla conclusione che le cose devono essere andate cosi:
Neve sale sul terrazzo e vede un piccione accovacciato sul muretto a godersi il panorama per adocchiare qualche macchina da sporcare prontamente.
Alchè gli va vicino e gli fà:
"BAU"
Il piccione tuba.
Neve, infastidita della poca attenzione ricevuta (si è una gran gelosa), rimugina su di se e pensa di fare con il piccione la stessa cosa che fa con un bipede quando non viene cagata di striscio: buttarsi addosso e farsi coccolare fino allo sfinimento.
Me la immagino prendere un minimo di rincorsa, puntare il piccione, slanciarsi con il posteriore e atterrare nel punto esatto dove il piccione è accovacciato.
Peccato che il piccione sappia volare e non gliel'abbia voluto insegnare anche a Neve. E così, vedendoselo sfuggire senza aver ricevuto neanche una carezza, ha pensato bene, Neve, di seguirlo sul tetto accanto.
Tetto accanto che è spiovente ed era scivoloso per le quattro gocce d'acque fatta durante la mattinata.
Il resto è storia...